Pia Strozzi

(1936-2021)

Pia Strozzi nasce il 12 maggio 1936 a Latina, dove la famiglia, di origine ferrarese, si era trasferita a seguito delle bonifiche dell’Agro Pontino. Pia cresce in una famiglia numerosa, composta da altre tre sorelle e due fratelli, e caratterizzata da un profondo legame familiare. Una famiglia allegra, vivace, amante dell’opera lirica e anticonformista: in età adolescenziale Pia, insieme alla sorella Lucia e a una futura cognata, fa parte di una squadra di calcio femminile di Terracina.

Nel 1954, gli Strozzi si trasferiscono per motivi economici a Settimo Torinese, dove Pia inizierà la sua attività politica e sociale. Entrata giovanissima nella Federazione giovanile comunista, nel 1957 Pia aderisce al PCI, con il quale sarà eletta consigliera comunale, ruolo che rivestirà fino al 1970, e in seguito sarà una delle prime donne, allora poche, a diventare consigliera provinciale. Nel 1972 il partito la candida per la Camera dei deputati, dove Pia, però, non riesce a essere eletta. A partire dal 1955 porta avanti anche un’intensa attività sindacale nella CGIL: “trovai lavoro alla Fimit, un indotto Fiat, era il ’55. Avevo fatto la commissaria interna, e mi ricorderò sempre le parole del padrone il giorno della votazione: “Oggi per te, Strozzi, c’è stato un plebiscito”. Mi avevano votata tutti! E da lì sono nati i problemi. Dieci anni di sciopero da sola ho fatto…”[1] Successivamente lavora allo stabilimento L’Oréal di Settimo, ma, un lungo periodo di scioperi nel 1971, costerà a Pia qualche problema con la giustizia e il licenziamento, con successivi 8 anni di disoccupazione.  

Sono anni “caldi”, anni di lotta, durante i quali Pia è sempre in prima linea. “Ma tu sai che ci mettevano in certe linee apposta, quando volevano che abortissimo? Il lavoro era pesante e i pezzi battevano sulla pancia. Ci facevano abortire a calci e pugni”[2], raccontava. Pia fa infatti parte dell’UDI (Unione donne italiane) e temi quali il lavoro femminile, l’aborto e la contraccezione sono tra le prime priorità. Nel novembre del 1978, anche Pia partecipa all’occupazione del terzo piano dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, per segnalare le difficoltà di applicazione della legge 194, approvata a maggio, i problemi causati dall’obiezione di coscienza e le pratiche invasive per abortire. Dopo 6 giorni, vengono firmati degli accordi che portano all’istituzione del Day Hospital per le donne che dovevano praticare un’interruzione di gravidanza.

Sempre accompagnata dal desiderio di approfondire e migliorare se stessa e il mondo, e riconoscendo nello studio un fondamentale strumento di emancipazione femminile, negli anni ’70 frequenta anche le 150 ore per il diritto allo studio, ovvero 150 ore retribuite in cui i lavoratori potevano studiare frequentando i corsi organizzati dai sindacati.

Battagliera, tenace femminista e difenditrice dei diritti, convinta che fosse politica ogni azione dell’agire quotidiano. Spesso considerata “la Rompiscatole”, la sera va a bussare a casa delle famiglie settimesi per convincerle a mettere a letto i bambini, costretti a confezionare penne, di cui Settimo fino agli anni ’80 era un importante centro di produzione, cercando di spiegare che le maestre erano preoccupate nel vederli stanchi a scuola. Nei primi anni ‘80, infine, Pia diventa operatrice all’asilo nido Papà Cervi, dove collabora per rendere il nido un luogo davvero educativo, ma sempre continuando la sua attività politica, nella convinzione che fosse necessario tutto l’impegno possibile per cambiare quel “vigliacco mondo”, come lei lo definiva, sempre troppo poco coraggioso e che fosse fondamentale il darsi da fare, dando il buon esempio, perché “la cultura non è solo quella che si legge, ma anche quella che si fa”, diceva.

La Pia matura credeva molto nelle nuove generazioni, ripeteva spesso “ora andate avanti voi!” e anche per questo non ha mai smesso di mettere a disposizione dei giovani il suo bagaglio di esperienze, anche attraverso canali inconsueti. Partecipò, per esempio, allo spettacolo teatrale “Non mi arrendo, non mi arrendo!”, progetto iniziato nel 2005, diretto da Gabriella Bordin, Mariella Fabbris, Rosanna Rabezzana ed Elena Ruzza e, nel 2008, al cortometraggio “Adele e le altre”, diretto dall’associazione culturale BADhOLE Video. “Vorrei lasciare anche io delle impronte e scrivere non servirà solo per noi anziani, per poter raccontare, essere consapevoli della nostra resistenza quotidiana, della nostra esistenza, ma potrà anche essere un modo per comunicare tra generazioni, e mettere a disposizione tutto quello che sappiamo, le nostre capacità; e forse il teatro, la scrittura, le arti ci aiutano anche in questo” .

Bibliografia di approfondimento

B. Beccalli, 1985, Le politiche del lavoro femminile in Italia: donne, sindacati e stato tra il 1974 e il 1984, “Stato e mercato”, 15, Bologna, pp. 423-459.

S. Bertotto, 2004, Le cose in comune. Due secoli di storia del Consiglio di Settimo Torinese, Vercelli.

R. Gandolfi, C. Pedrazzoli (a cura di), 2009, Non mi arrendo, non mi arrendo! Un teatro di donne, memorie, lotte e diritti, Torino.

F. Lussana, 2012, Il femminismo sindacale degli anni Settanta, “Studi Storici”, LIII, 1, Roma, pp. 75-117.

L. Motti (a cura di), 2006, Donne nella Cgil: una storia lunga un secolo, Roma.

Contenuti multimediali


1: Non mi arrendo, non mi arrendo! Storie di donne, di diritti conquistati e da riconquistare, 2006, minuto 24.59.
Produzione: SPI-CGIL Torino con il contributo della Città di Torino. Regia: Gabriella Bordin, Mariella Fabbris, Rosanna Rabezzana, Elena Ruzza. Video: Adonella Marena.

2: Non mi arrendo, non mi arrendo!, 2005, minuto 34.50 (saluti finali).
Produzione: SPI CGIL, con il contributo della Città di Torino. Regia: Gabriella Bordin, Mariella Fabbris, Rosanna Rabezzana, Elena Ruzza. Video: Adonella Marena, in collaborazione con Lumiq. To.

3: Non mi arrendo, non mi arrendo!, 2005, minuto 11.44.
Produzione: SPI CGIL, con il contributo della Città di Torino. Regia: Gabriella Bordin, Mariella Fabbris, Rosanna Rabezzana, Elena Ruzza. Video: Adonella Marena, in collaborazione con Lumiq. To.

4: Non mi arrendo, non mi arrendo!, 2005, minuto 22.53.
Produzione: SPI CGIL, con il contributo della Città di Torino. Regia: Gabriella Bordin, Mariella Fabbris, Rosanna Rabezzana, Elena Ruzza. Video: Adonella Marena, in collaborazione con Lumiq. To.

5: Non mi arrendo, non mi arrendo!, 2005, minuto 06.54.
Produzione: SPI CGIL, con il contributo della Città di Torino. Regia: Gabriella Bordin, Mariella Fabbris, Rosanna Rabezzana, Elena Ruzza. Video: Adonella Marena, in collaborazione con Lumiq. To.